Mignottocrazia. La sera andavamo a ministre

Autore: Paolo Guzzanti
EditoreAliberti editore
Prezzo: 16  euro
Pagine: 160
Anno: 2010

«Questa ideologia ha un fine ben chiaro: depotenziare e possibilmente uccidere la politica in quanto tale e sostituirla con cloni robotici addestrati attraverso corsi intensivi di manuali amministrativi, buone maniere, parrucchieri, estetisti, manualistica e probabilmente cruciverba, regolamenti, rompicapo, pagine gialle.

Questo personale è destinato a sostituire quello dei vecchioni panzuti, ingialliti e coriacei professionisti della politica, come ben si vide al congresso fondativo del Popolo della libertà, quando le prime file vennero riservate non ai vecchi colonnelli e politici di lungo corso, ma a una doppia schiera di facce pulite, seni alti, culetti rotondi, occhioni sbarrati. Un popolo di giovani cloni che non ha mai saputo che cosa fosse la politica e che si trova di fatto in un allevamento di polli cui non viene chiesta una qualità di pensiero, ma di carne».

L’autore riconosciuto del termine “mignottocrazia” finalmente ci svela cosa realmente intenda con questa definizione ormai entrata nel lessico politico-giornalistico dell’Italia di oggi, e quali prove abbia a disposizione per confermare la sua “ardita” tesi. Sulle prove documentali, in verità, Guzzanti ha dovuto faticare poco.

La realtà della cronaca è sotto gli occhi di tutti. È probabile che, nel periodo in cui questo volume sarà sugli scaffali delle librerie, altre “testimonianze” usciranno a completamento del quadro. Per esempio, ci suggerisce l’autore, su quel nuovo palcoscenico delle “festazze” berlusconiane che pare sia il castello romano di Tor Crescenza, ennesimo luogo di delizie del Leader accanto alla leggendaria Villa Certosa, Arcore, o Palazzo Grazioli.

Ma Guzzanti ci vuole offrire uno sguardo più ampio, una visione d’insieme.

Questo, in realtà, è un saggio che interpreta gli ultimi vent’anni di storia del nostro Paese attraverso il ruolo, la fisionomia e l’immagine delle donne. Una categoria, quella del femminile, sempre essenziale per capire le evoluzioni di una società. Ma per l’Italia di questi decenni piuttosto sciagurati, assolutamente fondamentale, decisiva.

«In Italia e soltanto in Italia i cingolati berlusconiani, seguiti da truppe col lanciafiamme, avrebbero disttrutto tutto ciò che era stato costruito: la libertà e la dignità delle donne sarebbero state massacrate, ridotte al rango di mignotte vere o in lista d’attesa, gestite da agenzie specializzate in mignotteria televisiva o politica, da accompagnamento o da letto, da spot o da Consiglio regionale, da carriera governativa o da cena di gruppo».

È il semplice e drammatico assunto di questo libro.

Un concetto chiarito e precisato da una riflessione di Francesco Cossiga: «Anche ai nostri tempi di democristiani e socialisti, ma anche di comunisti, c’erano quelli che avevano le amanti e che elargivano compensi che andavano dal filo di perle alla pelliccia, fino all’appartamento o alla barca: ma a nessuno sarebbe passato per la mente di mettere un’amante sui banchi di Montecitorio portandola come un trofeo e magari facendola ministra».

Un’avvertenza: questo è un libro feroce. Che non risparmia niente a nessuno. Ma niente affatto cinico. Comincia con una scena d’amore. Ma è l’amore di un padre per una figlia, una figlia appena nata che il padre tiene delicatamente fra le braccia e alla quale promette un mondo nuovo e diverso. Poi la storia è andata in un altro modo, in un’altra direzione.

«Si esce dal Paese dei Balocchi con certificati di benemerenza, con piccoli regali, con una promozione, con una disfatta. Ma il potere della corruzione sulle giovani ragazze si dilata, diventa un modo di fare accettato e anzi esaltato. È il mio stile di vita, dice Berlusconi. Ed è diventato purtroppo anche lo stile di vita degli italiani e delle italiane assuefatti e adoranti. La mignottocrazia è un sistema basato sulla corruzione morale».

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